giovedì 3 gennaio 2013

The Damned United di David Peace




“The Damned United” è il romanzo di David Peace basato sul racconto dei famosi 44 giorni passati dal grande allenatore inglese Brian Clough alla guida del Leeds United Football Club nel 1974.
Premetto che prima di aver letto questo bellissimo romanzo, non conoscevo nel dettaglio né la storia di Clough, né, in particolare, la storia di questi 44 giorni, e quindi non posso esprimere giudizi riguardanti la fedeltà di Peace nei confronti della realtà dei fatti nel descrivere certi episodi, certi aspetti del carattere di Clough, certi riferimenti a vari personaggi, tra cui calciatori famosi come Bremner, Giles e Mackay ed allenatori come Don Revie.
Quello che so è che sono rimasto assolutamente affascinato dalla persona di Brian Clough, così come descritta nel libro, e dalla sua carriera da allenatore, oltre ad essere rimasto molto ben impressionato dal romanzo, che ho letto in pochi giorni con grandissima passione e curiosità.
Non so come mai Peace abbia deciso di raccontare proprio quei 44 giorni in particolare, proprio i peggiori, dal punto di vista professionale dell’allenatore inglese, invece di raccontare i fantastici anni passati da Clough ad allenare il Nottingham Forest che ha guidato alla conquista del campionato inglese ed addirittura a vincere per due volte la Coppa dei Campioni, ma penso che lo abbia fatto proprio per cercare di capire cosa sia successo per fare in modo che il legame tra Brian ed il Leeds non potesse funzionare e per capire quali siano state le cause che hanno portato alle dimissioni del manager.
Per un allenatore così bravo, che ha saputo portare ad importanti successi, piccoli club come Derby County ed, appunto, successivamente, il Forest, fu davvero strano il fatto che non riuscì a restare alla guida del Leeds che a quei tempi era la squadra campione inglese in carica, la squadra considerata più forte e con grandi campioni  tra le sue file. Ma è stato interessante scoprire come un uomo di enorme successo abbia vissuto quei giorni nei quali i dirigenti ed i giocatori del Leeds non lo hanno saputo capire, ma soprattutto nei quali lui stesso per primo non era convinto dell’incarico che aveva accettato perché non sentiva sua quella squadra, non sentiva suoi quei giocatori, non sentiva suo il campionato appena vinto da Don Revie, l’allenatore che lo aveva preceduto e che aveva portato in alto il Leeds, non sentiva suoi quei tifosi, non sentiva suo quello stadio, non sentiva sua quella città.
Nell’animo di Clough regnava l’incertezza ed il dolore per aver dovuto abbandonare il suo Derby County, i suoi giocatori, la sua gente, il suo titolo vinto. Solo a Derby si sentiva a casa. Inoltre a Leeds tutti erano rimasti attaccati al ricordo di Revie ed ogni confronto tra i due allenatori suscitava un certo sentimento di rabbia in Clough che di Revie non sopportava i metodi nell’affrontare le partite, i metodi “sporchi” secondo lui, di vincere le partite, e l’atteggiamento arrogante nei suoi confronti, dimostrato negli incontri infiniti tra il Derby ed il Leeds negli anni precedenti.
Ogni sfida tra il suo Derby ed il Leeds era un’occasione per diventare una sfida personale tra lui e Revie, addirittura quando Clough ne prese il posto al Leeds volle cambiare tutto nel suo ufficio, dalla sedia alla scrivania, ma soprattutto i “dossier” su arbitri e squadre da affrontare; Clough voleva trasformare il Leeds in una squadra onesta, una squadra sì vincente, ma onesta e corretta, ma dentro di sé lo considerava sempre lo “sporco Leeds” ed il continuo riferimento a Revie diventa quasi un’ossessione. Anche con i giocatori, troppo legati a Revie ed abituati ai suoi metodi, il rapporto fu sin dall’inizio difficile, tanto che Clough disse loro di dimenticare tutto quello che avevano vinto fino a quel momento, perché lo avevano vinto con l’imbroglio, e che il suo obiettivo era quello di vincere, ma secondo il suo stile e non secondo lo stile di Revie, il cui nome non doveva essere mai più pronunciato.
Il romanzo racconta uno alla volta ogni singolo giorno dei 44 che Brian passò nella Società dello Yorkshire, in prima persona, infatti è proprio lui, Brian Clough, nell’immaginazione dell’autore ,che parla, che soffre, che si emoziona, che si racconta, che esterna le proprie paure e preoccupazioni, ma anche le sue gioie e le sue speranze. La particolarità del romanzo sta nel fatto che mentre vengono raccontati i giorni al Leeds, ci sono anche i ricordi di Clough, brutti, verso la fine prematura della sua carriera da calciatore ,comunque positiva con ben 251 gol in 274 partite, seppur in seconda divisione in squadre come Boro e Sunderland con il quale ottenne una promozione in prima divisione , a causa di un grave infortunio per il quale soffrì moltissimo, e belli, verso l’inizio della sua carriera da allenatore, cominciata molto presto all’Hartlepools e continuata con i successi alla guida del Derby County, nel quale non era solo un semplice allenatore, ma molto di più per la squadra e per la città, era un simbolo, era Cloughie.
Quindi mentre ci si trova a leggere la sofferenza e l’insofferenza di Clough nei suoi giorni a Leeds, ci si immerge all’improvviso, invece, nei giorni dapprima felici in cui allenava il Derby e vinceva con il Derby e poi tristi nei giorni che seguirono il suo addio ai Rams.
I ricordi di Clough al passato sono molto frequenti in quei 44 giorni e spesso i fatti narrati vengono collegati ad altri episodi riguardanti i tempi in cui era calciatore prima ed allenatore poi. Anche alcuni personaggi sono collegati al passato, come per esempio Stokoe che era in campo il giorno del brutto infortunio di Clough ed era in panchina ad allenare il Sunderland contro il suo Derby, il già citato Don Revie, e poi il costante riferimento a Peter Taylor, grande amico e collaboratore di Brian, compagno nei giorni ad Hartlepools, Derby e Brighton. Ma fu proprio quando Clough decise di lasciare il Brighton per accettare le offerte del Leeds che Peter decise di non seguirlo e di abbandonarlo. La scelta di Brian di lasciare dopo una sola stagione il Brighton sembrò infatti all’amico una decisione scorretta nei confronti del presidente Mike Bamber che aveva creduto in lui anche quando, dopo il licenziamento dal Derby County, la sua carriera da allenatore sembrava seriamente compromessa a causa anche di sue dichiarazioni in televisione contro la FA ed a causa delle voci messe in giro da Longson, presidente del Derby, circa il suo brutto carattere ed il suo modo di gestire la squadra.
Anche la nazionale inglese sembrava snobbarlo per gli stessi motivi, tanto che quando Alf Ramsey venne licenziato, il nome di Clough, che in quel momento allenava il Brighton in terza divisione, non comparve nemmeno tra i possibili candidati alla successione, ma venne nominato, ancora lui, Don Revie. Il capitolo nazionale si collega al passato ed al difficile legame tra il “dannato” Clough e l’Inghilterra; così come non venne preso in considerazione per allenare la nazionale del suo paese, cosa che lo avrebbe riempito di orgoglio, non venne preso molto in considerazione nemmeno da calciatore. Non gli bastarono i tanti gol segnati. Ma i motivi di maggiore rimpianto per lui derivavano dall’abbandono di Peter, soprattutto nei giorni infelici a Leeds, un vero tormento per Clough che tentò anche di convincerlo a tornare con lui, ma inutilmente. Spesso in quei tristi giorni i ricordi di Brian vanno al vecchio amico fidato con il quale spesso si era anche scontrato, ma che alla fine rimaneva sempre il suo unico vero amico, compagno di mille battaglie, ma allo stesso tempo traditore.
Un’altra figura importante nel romanzo è rappresentata dalla moglie di Brian: mai descritta nel dettaglio e mai protagonista, ma la sua presenza si sente ed anche molto in ogni decisione del marito, in ogni momento difficile, in ognuno di quei momenti, nella vita di un uomo, in cui l’unica persona che veramente si vorrebbe accanto è la persona che si ama, e la persona da cui ci si sente amati.
Il libro ci aiuta a capire soprattutto l’aspetto umano, piuttosto che quello da allenatore, di Brian Clough, un personaggio certamente importante nella storia del calcio inglese, uno che parlava in faccia a tutti, uno che ebbe il coraggio di definire “bastardi” i dirigenti e la squadra della Juventus che eliminò il suo Derby in semifinale di Coppa dei Campioni in modo quanto meno sospetto, viste certe decisioni arbitrali, uno che era diventato anche un opinionista televisivo, visto quanta era ormai la sua popolarità e visto quanto la gente lo ascoltava e lo seguiva.
Per lui folle intere si muovevano in cortei di protesta quando venne licenziato dal Derby, per lui i suoi giocatori erano pronti a scioperare per riaverlo come allenatore, ma alla fine non bastò e quando decise di andare al Leeds solo la famiglia gli restò accanto, ma lui, in quella città, si sentiva maledettamente solo e contro tutto e tutti. Molti anni più tardi, purtroppo, ma questo non è nel libro, riuscì anche a riunire le tifoserie rivali di Forest e Derby che vollero dargli il proprio addio dopo la sua tragica morte.
Secondo il mio modesto parere Clough è stato veramente uno dei più grandi personaggi del calcio, tanto da meritarsi statue e riconoscimenti a Middlesbrough, Derby e Nottingham, non soltanto per essere riuscito a portare successi importanti due club poco blasonati, ma anche per aver saputo sempre dire quello che pensava andando sempre contro, se ce n’era bisogno, e mantenendo un ideale di calcio pulito, onesto e sincero.
Penso che a Leeds molti rimpiangano quei 44 giorni e che avrebbero voluto vedere Clough alla guida dello United per molto più tempo.Questo però è il destino di questo tipo di persone: persone che dicono quello che pensano senza preoccuparsi delle conseguenze, persone che pur di mantenere il proprio orgoglio sono disposte a rischiare, persone che amano il calcio vero, quello fatto di passione, lealtà ed impegno e che purtroppo, a volte, il calcio non capisce, così come successe in quei famosi 44 giorni.

 St.

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